giovedì 2 dicembre 2010

Il Piano di Governo del Territorio di Arcisate: le buone intenzioni e i soliti affari

di Michela Barzi


Arcisate è un comune della Valceresio, la valle che congiunge  la città di Varese con il lago di Lugano (Ceresio) e con il confine svizzero, che al 1.1.2010 aveva 9933 abitanti. Nel 2000 gli abitanti erano 9233; l’incremento di popolazione è stato quindi di 700 unità, pari al 7,5%, dato lievemente inferiore all’incremento medio provinciale del periodo che è del 7,9%. Ha una superficie territoriale di 12,16 kmq ed una densità demografica di 816 abitanti per kmq, superiore a quella media degli altri comuni della Valceresio, che è di 628 abitanti per kmq.
Insieme ad Induno Olona, Arcisate costituisce il punto di contatto tra l’area urbana di Varese e il sistema insediativo della valle di cui è parte, aspetto che spiega la maggiore densità demografica.
Il Documento di Piano del Piano di Governo del Territorio, ovvero il documento con il quale s’indirizzano le scelte insediative per i successivi 5 anni, individua questi obiettivi strategici:
  1. tutela e riqualificazione del patrimonio naturale del territorio;
  2. inversione di tendenza rispetto alla dispersione edilizia e all’impoverimento delle tipologie edilizie, risultato dell’adattamento alle logiche fondiarie ed immobiliari;
  3. riqualificazione dell’ambiente urbano “dall’interno”;
  4. attribuire alle aree degradate o dismesse all’ambito urbano il compito di esprimere una forte polarizzazione del territorio;
  5. tutelare le concatenazioni di aree a verde esistenti in ambito urbano;
  6. completamento del quadro dei servizi e la tutela della naturalità.
L’assunzione di questi obiettivi a fondamento delle politiche di governo del territorio ha come effetto l’adozione di azioni significative che, nel loro insieme, possono determinare le seguenti condizioni di fondo:
- arresto della crescita urbana incondizionata, e quindi del consumo di suolo vergine sul quale si basano le valenze del paesaggio locale, a meno delle ponderate quote necessarie per la riqualificazione urbana;
- miglioramento dell’assetto infrastrutturale stradale parallelamente al recupero della qualità ambientale complessiva.
Tuttavia, dopo l’enunciazione di questi presupposti di politica territoriale, le conseguenti azioni strategiche di governo potranno concretamente essere tradotte in complessivi 74844 mq di superficie lorda di pavimento, dei quali 26712 mq per la residenza, 16940 mq per le attività produttive, 28642 mq per il terziario (cioè attività commerciali e direzionali) e 2549 mq per i servizi.
Le previsioni attuative per la residenza configurano un possibile incremento di 1288 abitanti in 5 anni, ai quali potrebbero aggiungersi altri 370-400 abitanti teoricamente insediabili “generati” da politiche d’incentivo al recupero del patrimonio edilizio residenziale previste dal Piano delle Regole, cioè dal documento del PGT che disciplina le trasformazioni dell’edificato consolidato.
Queste scelte insediative configurerebbero un incremento demografico che oscillerebbe tra il 13 e il 17% in 5 anni rispetto al 2010, a fronte di un incremento demografico reale che negli ultimi 10 anni è stato del 7,5%. Degli 8 ambiti di trasformazione urbanistica, 2  riguardano scelte insediative che andrebbero a realizzare 19235 mq di superficie lorda di pavimento in aree non urbanizzate, che genererebbero un consumo di suolo vergine pari a 147.800 mq, ovvero quasi 15 ettari di terreno agricolo, non intercluso nell’edificato esistente, che potrebbe essere urbanizzato, anche se 94300 mq saranno mantenuti a verde urbano (che deve comunque essere considerato terreno urbanizzato).
Vi sono poi altri 6 ettari di terreno libero da edificazione, e in parte occupato da attività agricole, che saranno urbanizzate poichè, dichiara il Documento di Piano, sono comprese in ambito urbano. Su questi terreni potranno essere edificati 17720 mq di superficie lorda di pavimento per la residenza, ai quali si devono aggiungere 8992 mq da realizzarsi in ambiti già del tutto o in parte urbanizzati. Complessivamente l’urbanizzazione delle cosiddette aree libere all’interno degli ambiti urbani e di aree scarsamente edificate riguarda il 21,9% del totale delle aree oggetto delle Documento di Piano. Di queste, 3 ambiti di trasformazione urbanistica riguardano interventi di recupero ambientale ed edilizi su 123.800 mq di superficie, pari al 35,6% della superficie totale degli 8 ambiti. Il restante 42,5% della superficie degli ambiti di trasformazione urbanistica riguarda l’urbanizzazione di suolo agricolo, aspetto che risulta in contrasto con l’obiettivo di arrestare il consumo di suolo vergine assunto dal Documento di Piano.
Di fatto i due terzi degli interventi individuati negli 8 ambiti di trasformazione urbanistica riguardano la sostituzione di suolo coperto da vegetazione con terreni per metà edificati e per metà destinati a verde, anche se non è dato sapere in quale misura questo verde sarà pubblico.
In sostanza, dietro le buone intenzioni il Documento di Piano del PGT di Arcisate nasconde i soliti affari, che si traducono in circa 570 nuove abitazioni, delle quali circa 170 da realizzarsi in ambiti da urbanizzare, circa 90  in ambiti parzialmente urbanizzati o in aree dismesse e circa 300 in aree già urbanizzate trasformabili. Sulle aree non urbanizzate o parzialmente urbanizzate si riverseranno 66432 metri cubi di cemento che verrà adibito alla residenza di 442 nuovi abitanti: più della metà dell’incremento demografico degli ultimi 10 anni potrebbe prodursi nei prossimi 5 anni e solo su terreni inedificati o quasi. A ciò si devono aggiungere i 20535 mq di superficie lorda di pavimento che, sempre su questi terren,i ospiteranno un nuovo insediamento produttivo e spazi per il terziario e i servizi. Nei prossimi 5 anni il 4% della superficie territoriale comunale potrebbe essere oggetto di interventi che avranno come esito l’urbanizzazione di nuove aree per il 2% della superficie territoriale comunale. Purtroppo da nessuna, parte ne’ nel Documento di Piano ne’ nel Rapporto Ambientale della Valutazione Ambientale Strategica, peraltro redatto dagli stessi progettisti del PGT, si menziona l’entità della superficie urbanizzata attuale, la quale può essere tuttavia stimata, sulla base delle caratteristiche insediative e demografiche del comune, in un massimo del 20% della superficie territoriale. Le trasformazioni attuabili attraverso le previsioni del Documento di Piano potrebbero generare quindi un incremento della superficie urbanizzata del 6%, considerando i suoli ora agricoli, e del 9% considerando anche le aree interne ad ambiti urbane e parzialmente edificate. Una crescita assai considerevole che male si combina con le enunciazioni  virtuose contenute nel Documento di Piano.

Il campetto di viale Valganna: quando la partecipazione dei cittadini salva il verde pubblico

di Michela Barzi


Il quartiere sorto attorno al viale Valganna era un tempo la periferia operaia della città  ed ospitava anche alcune fabbriche, come quella del cioccolato Lindt, al posto della quale sta sorgendo un imponente complesso edilizio. La natura popolare del quartiere ha favorito l’insediamento di tre complessi di edilizia economica popolare nella parte più settentrionale del viale, la più prossima agli insediamenti industriali che hanno storicamente contribuito anche alla trasformazione del corso dell’Olona. Si tratta di interventi maturati nell’ambito della stagione avviata dal Piano Fanfani prima e poi dalle leggi 167 del ’62 e 865 del ’71, in cui l’iniziativa pubblica in campo residenziale si prefiggeva di rispondere al crescente bisogno di alloggi a buon mercato espresso dall’imponente flusso migratorio dalle regioni del Sud. Non si tratta di massicci insediamenti di edilizia economico-popolare, grandi abbastanza da qualificarsi come quartieri veri e propri, come succederà poi con la realizzazione dei quartieri San Fermo e Bustecche, destinati a subire la sorte dei ghetti urbani in cui si concentreranno anche emarginazione sociale e microcriminalità. Sono piuttosto condomini di edilizia popolare inseriti in un tessuto edilizio misto, a prevalenza residenziale, con una connotazione sociale storicamente segnata dalla massiccia presenza industriale che ha fatto di Varese una delle città più ricche d’Italia. La natura popolare del Viale Valganna è rimasta nel tempo, malgrado le profonde trasformazione della struttura produttiva della città segnata da una pressoché totale deindustrializzazione e dalla prevalenza del terziario. Gli immigrati dei paesi del Sud del Mondo hanno poi preso il posto di quelli del Sud d’Italia. Questo settore della città è fortemente multietnico, non solo per quanto riguarda i residenti ma anche gli esercenti, come testimoniano i bar ed i negozi aperti in questi anni. Questo fenomeno riguarda ovviamente anche gli abitanti dei complessi di edilizia popolare, le cui diversità linguistiche e nazionali s’incontrano nell’area verde posta proprio nel mezzo del complesso più grande. Quest’area, di oltre 4000 mq,  ospita un campetto da calcio ed uno spazio attrezzato per il gioco dei bambini ed è frequentata da decine e decine di giocatori, residenti nel quartiere e non, che ogni giorno si trovano per formare squadre da 5 o 7 componenti, da ragazzini più grandi che insegnano ai più piccoli a giocare a calcio e da mamme con bambini. Il tutto si svolge in uno straordinario miscuglio di lingue, di colori della pelle, di tratti somatici e di modi di vestire. Si tratta di un caso, a dire il vero non frequentissimo negli insediamenti e edilizia economica popolare,  in cui uno spazio verde ha favorito l’integrazione sociale e non la marginalità e la piccola criminalità. Su questo campetto spesso la domenica (anche d’inverno, neve permettendo) si svolgono tornei  di squadre che si formano sulla base dell’appartenenza di quartiere o di una stessa nazionalità o lingua. Queste squadre giocano senza arbitro e si confrontano pacificamente  offrendo uno spettacolo seguito da decine di persone che si dispongono ai lati del campo per tifare. Purtroppo l’amministrazione cittadina non ha mai provveduto a destinare l’area verde alla funzione che gli è propria , quella del gioco e dello sport, e il piano regolatore vigente la considera un’area di pertinenza dell’insediamento residenziale considerato un ambito privo di strutturazione urbana. Su quest’area si può quindi edificare, cosa che ha spinto la Giunta ad inserirla nel piano delle alienazioni del Comune di Varese; cifra richiesta 800.000 euro. Se gli abitanti del quartiere non si fossero mobilitati in massa, raccogliendo firme, scrivendo ai giornali, apponendo striscioni sulle case, invitando al confronto gli amministratori cittadini per rivendicare il loro diritto di usufruire dell’area verde, alla fine dello scorso settembre il campo da calcio e i giochi per i bambini avrebbero potuto non essere più di proprietà pubblica ma acquisiti da qualche operatore immobiliare. La zona di viale Valganna, dal punto di vista del mercato immobiliare, è considerata semiperiferica, cosa giustificata dalla sua non eccessiva distanza dal centro cittadino e dalla buona dotazione di servizi che la caratterizza. Le alienazioni di proprietà comunali sono state giustificate dall’amministrazione guidata dal sindaco Attilio Fontana con la necessità di far cassa a seguito degli insostenibili tagli imposti dal governo agli enti locali, e in particolare ai comuni a seguito dell’eliminazione dell’ICI sulle prime case. Gli abitanti del quartiere hanno chiesto all’amministrazione comunale di stralciare l’area verde dal piano delle alienazioni, di modificare la destinazione urbanistica dell’area, facendola diventare verde pubblico e non terreno edificabile, e di impegnarsi affinchè la natura pubblica dell’area sia riconfermata dal redigendo Piano di Governo del Territorio. Per ora l’area non è stata venduta ma gli abitanti del quartiere aspettano ancora che le loro richieste vengano formalmente e sostanzialmente accolte, avendo tuttavia dimostrato che la partecipazione dei cittadini in difesa del patrimonio pubblico può condizionare l’azione degli amministratori pubblici.

Il Piano di Governo del Territorio di Carnago: riqualificazione versus consumo di suolo


di Michela Barzi

Il Comune di Carnago è situato a metà strada tra Varese, Gallarate, Busto Arsizio e Tradate, ha una superficie di 6,22 kmq ed una popolazione che ad inizio del 2010 era di 6386 abitanti. Ha una densità demografica di 1026 abitanti per kmq, in linea con la densità media di questo settore della provincia di Varese. L’incremento demografico tuttavia è superiore al dato medio provinciale, che è del 7,9% tra il 2001 e il 2010, mentre a Carnago è del 13,24%.
Il territorio comunale è caratterizzato da una struttura insediativa con una forte vocazione residenziale dovuta alla collocazione baricentrica tra i maggiori centri urbani della provincia. Da questa caratteristica discende un diffuso sviluppo degli insediamenti residenziali a bassa densità volumetrica, una scarsa ed estremamente dispersa presenza d’insediamenti produttivi di piccole dimensioni, una bassa presenza di attività commerciali e di servizio e una buona dotazione di servizi alla residenza.
La superficie destinata all’agricoltura è solo il 5% della superficie comunale e quest’ultima è per metà è tutelata dal Parco Locale d’Interesse Sovraccomunale Rile Tenore Olona.
Il vigente Piano Regolatore Generale prevede un’espansione del 3,2% della superficie urbanizzata per nuovi insediamenti residenziali; un’espansione del 1,2% della superficie urbanizzata per nuovi insediamenti produttivi e, per conseguenza, una crescita complessiva della superficie urbanizzata dal 32,7% al 37,1%. La capacità insediativa teorica del piano, cioè la possibilità d’insediare nuovi abitanti in seguito alle previsioni di nuovi insediamenti residenziali, definisce un incremento di popolazione residente del 33% rispetto al  2001, un dato  molto elevato e decisamente non in linea con l’andamento demografico del comune e della provincia di Varese.
Recentemente l’amministrazione comunale ha avviato il processo di redazione del Piano di Governo del Territorio dandosi l’obiettivo il contenimento della capacità insediativa teorica ai 7500 abitanti previsti dal PRG vigente, ma non ancora effettivamente insediati, previsione che configura comunque un incremento del 17,4% della popolazione residente al 2010. Si tratta quindi di delineare uno scenario nel quale i nuovi abitanti da insediare nei prossimi 5 anni (periodo di vigenza del Documento di Piano del PGT che è lo strumento con il quale si definiscono le scelte insediative) saranno circa 1100, la meta dei quali però, s’insedieranno nel centro storico che sarà oggetto di una grossa operazione di riqualificazione, grazie al recupero di un’area dismessa di proprietà pubblica.  Dei restanti circa 550 nuovi abitanti teoricamente insediabili, 300 circa troveranno alloggio negli insediamenti residenziali in fase di costruzione e frutto delle scelte del PRG vigente, e circa 250 in due nuovi comparti di espansione residenziale poste in aree di frangia dell’edificato consolidato. Con la nuova proposta di piano la superficie urbanizzata dovrebbe quindi aumentare dell’1,3%.
Il piano prevede anche un nuovo insediamento per attività produttive, finalizzato alla delocalizzazione delle attività attualmente insediate in ambiti che confliggono con la residenza in termini di impatti ambientali e sulla mobilità. Viene quindi rafforzata la vocazione residenziale del territorio comunale e depotenziata la presenza di insediamenti produttivi, anche in relazione allo svantaggio infrastrutturale nel quale si trova Carnago. Tuttavia nel territorio comunale ci sono circa 100 unità abitative invendute.
Le scelte di piano che l’amministrazione comunale di Carnago sta definendo attraverso la redazione del PGT hanno, e non solo per questa amministrazione comunale,  una forte relazione con le difficoltà poste dal rispetto del patto di stabilità. La diminuzione dei trasferimenti dallo Stato, frutto di una crisi finanziaria che i comuni non hanno contribuito a creare, costringe questi ultimi a ricorrere sempre di più alla alienazione del proprio patrimonio immobiliare ed alla necessità di dover consumare suolo per fare cassa (peraltro una tantum) con gli oneri di urbanizzazione (con i quali di possono pagare fino alla metà delle spese correnti del comune). Le scelte di piano sono quindi sempre di più influenzate alle difficoltà economiche dei comuni, che con il taglio dell’ICI su tutte le prime case sono ormai privati dell’autonomia finanziaria.
Oggi una delle maggiori voci di entrata per le finanze comunali, insieme alle alienazioni ed alle contravvenzioni del codice della strada, è il consumo di suolo agricolo, oggi sempre di più  per l’insediamento di capannoni industriali, che spesso restano inutilizzati ma che generano un importante gettito di ICI. Anche in presenza di queste difficoltà, e in controtendenza rispetto alle dinamiche insediative comunemente riscontrabili nei territori della nostra regione e della nostra provincia, a Carnago sembra stia prevalendo una scelta di governo del territorio tesa a valorizzare il patrimonio esistente e a porre un freno al tasso di crescita della superficie urbanizzata che ha fin qui caratterizzato la storia degli strumenti di pianificazione urbanistica di questo comune e di moltissimi altri comuni lombardi.